“Il vero problema dell'artista contemporaneo e che è schiavo della sua identità che gli impedisce di sviluppare un linguaggio diffuso oltre la sua comunità, vittima sacrificale e oggetto delle speculazioni altrui: artisti di sinistra, artisti provocatori, artisti accademici, artisti antiaccademici, artisti artigiani, artisti di avanguardia, non artisti, artisti pittori, artisti scultori, artisti performer, video artisti, artisti conservatori, artisti neoconservatori, artisti imprenditori, artisti di destra, artisti gay e lesbiche, etero e omofobi, centrali e periferici; artisti isolati, artisti riconosciuti, artisti sconosciuti, artisti operai, artisti artigiani, artisti fascisti, artisti senza prezzo, artisti col prezzo, artisti politici, artisti ideologici e potrei andare avanti per centinaia di migliaia di pagine. Questo, il freno linguistico dell'elaborazione dialettica di un linguaggio comune delle arti, questo rende l'artista e i suoi processi carne da macello per il mercato. Il peggior nemico della ricerca artistica è l'artista incapace di mettersi in gioco con il lavoro e il linguaggio di un altro artista. Rifiutare un linguaggio vuole dire attestare di non contaminare o elaborare il proprio, rendere necessario il filtro del critico, del curatore, del gallerista o del politico. Questa è la vera vergogna dell'arte e dell'artista contemporaneo. Quello che distingue gli artisti reali dai bluff, è la facilità con cui i dilettanti che si fingono professionisti, costruiscono o accettano teorie universali di qualità e di senso. Il vero uomo d'arte difficilmente arriva a una teoria universalmente esplicativa, procede per tentoni e contraddizioni, dubbioso davanti il fatto prodotto e le sue contraddizioni”.