L’Italia del 1933 è una nazione giovane, nata appena 63 anni prima, ha conosciuto gli orrori della grande guerra che, oltre alle vittime e alla povertà che ha lasciato in eredità, è riuscita anche a demolire quelle che erano le basi della democrazia. La confusione di quei quattro anni, dal ’18 al ’22, ha lasciato campo libero a una dittatura. La marcia su Roma è stata poco più di una gita. Nessuno o quasi si è preso la briga di ostacolarla. I primi anni del fascismo sono stati accettati con favore dal popolo, almeno fino alla promulgazione delle famigerate leggi razziali. La casa regnante ha avuto la grande colpa di non ostacolare Mussolini e soci. La mezzadria ha ostacolato la modernizzazione del comparto agricolo. In questo momento storico si svolge questa storia che, salvo insignificanti particolari, è del tutto vera. Nascere allora, per di più a Potenza, era come essere condannati a una mediocrità assoluta. Giovanni impersona la grande voglia di rivincita, il sogno di un progresso sociale ed economico. Sir Winston Churchill disse che gli italiani confondono il tifo calcistico con il coraggio di andare in guerra e combattere. Questa storia vuole smentire quest’ingiusta accusa.