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Un’epoca di spie

 
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La comparsa dei primi “agenti” si smarrisce nei labirinti del tempo: carpire informazioni di una società è un’esigenza sentita dai potenti di tutto il mondo, fin dall’antichità. Molti sono i sovrani e i militari che hanno deciso di ricorrere a spie e informatori di fiducia, a partire da Giosuè, il capo delle schiere d’Israele, che controllava un’organizzazione di informatori. L’uso di “agenti” si confermò nell’antica Roma, ai tempi di Giulio Cesare, che usò lo spionaggio in modo sistematico. Dopo il crollo dell’Impero Romano anche nel Medioevo si è ricorso all’uso di varie forme di intelligence, e in ogni guerra o battaglia l’uso degli “agenti” è stato il fondamento o la prerogativa di ogni iniziativa. Il libro omaggia le azioni di Le Caron, la famosa spia britannica; Belle Boyd, la ragazza confederata che ha salvato Stonewall Jackson, seppur sia la rappresentante della “causa persa” della guerra civile americana; Karl Schulmeister, il principale agente di Napoleone; Nathan Hale, che ha donato la sua vita per il suo paese; Albert Riddle, che si uccise per evitare una guerra tra Austria e Russia; e altri. Nelle pagine constateremo che la conduzione delle operazioni militari nell’età che va dalla fine del ’700 ai primi anni del ’900 era caratterizzata dall’esigenza pratica e ovvia di vincere la guerra, corroborata da ideali di lealtà. Il libro inizia con la descrizione generale delle caratteristiche delle spie e delle circostanze che le determinarono, per poi proseguire con la descrizione approfondita di alcuni casi esemplari. L’intento è in parte dare un contesto storico alle evoluzioni verificatesi negli ultimi duecento anni, ma in parte anche, e soprattutto, approfondire il tema di certe operazioni “speciali”. Date le loro caratteristiche specifiche, le operazioni speciali sono una lente perfetta per studiare la realtà di un conflitto. A ogni modo, contrariamente all’immagine romantica della spia oggi diffusa dalla letteratura e dal cinema, per la maggior parte delle persone lo spionaggio costituiva la più disonesta delle attività perché si basava sul tradimento della fiducia ricevuta. Nel corso della storia, la fine più frequente per le spie fu la condanna a morte, dopo l’esecuzione dei più svariati metodi di tortura per estorcere informazioni. Pochissime spie, una volta scoperte, riuscirono a sopravvivere. Quelli che ce la fecero dovettero pagare il prezzo di raddoppiare il tradimento. Pochissimi uomini onorevoli osarono quella pratica; solo nel XX secolo la figura della spia fu riscattata dal discredito generale, dall’infamia e dalla calunnia.

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