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Con le braccia al cielo

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L’AUTOBIOGRAFIA di un PREDESTINATO divenuto LEGGENDA che si racconta, passo dopo passo, nei momenti più emozionanti della sua vita sportiva…

Quando ho conosciuto Giorgio Perreca è stato esclusivamente in veste di esaminatore. Avevo appena concluso la cintura blu (credo) e il mio Maestro mi chiese come fosse andata. “Probabilmente bene” “Come “Probabilmente”? Come ti è parso Giorgio?” “Uno stronzo!” “Che hai combinato?” “Chiedilo a lui, perché io ancora non ho capito cosa non gli andasse a genio del mio uncino girato. Me lo ha fatto ripetere diciotto volte, e quando dico diciotto intendo dire che arrivati al decimo ne mancavano altri otto” “E allora?” “Se mi avesse detto cosa stavo sbagliando magari mi sarei corretta. Invece lui mi ha liquidata con un “OK!” “E che pretendi?” “Certo non che si mettesse ad applaudirmi come la più felice delle foche…” “Sei una cintura alta e un calcio girato devi eseguirlo alla perfezione anche se te lo chiedo trenta volte consecutive. Se avesse avuto da correggerti, lo avrebbe fatto. Puoi sentirti orgogliosa!” Questo ribaltò ogni prospettiva: un Mostro Sacro della sua caratura non aveva avuto niente da correggermi…. ne andavo orgogliosa e come! Ma siamo sicuri che Giorgio sia un Mostro Sacro perché è stato x volte campione del mondo? È questa l’equazione corretta? Concedetemi di conservare qualche dubbio. A me pare le cose siano andate diversamente. Certo la sua impresa è encomiabile e resta irripetibile, ma se alla base dell’individuo non ci fosse stato un folto carnet di valori, se fossero mancati alla mescola che lo compone un determinato numero di ingredienti, se la materia prima non fosse di gran pregio, non solo non sarebbe stato in grado di scalare la vetta, ma non ci si sarebbe trattenuto tanto a lungo. Per cui iniziate a pensare che alle spalle del grande Campione, c’è di certo l’uomo. Qui non si discute di banale talento. Ci viene concesso di contemplare la pressione del genio. La trama si infittisce, perché il talento si affina con la pratica, la genilità è congenita. Ed è proprio la voce narrante a spalancare per noi questo sipario. A commentare questi 39 anni di cronaca non è un fedele appassionato da bordo ring. Qui si narra DAL ring, dall’interno delle sue corde. Non verrete lasciati sugli spalti, inghiottiti da altri cinquemila fra tifosi, amici e parenti a osservare ogni incontro, ma vi trascinerà dentro il suo ring per prendere parte al duro match della vita. Stringerete a voi il bimbo di due anni per tenerlo al caldo, verrete accolti nella sua casetta fatta di legno e mattoni. Vedrete il ragazzino costruirsi il suo primo “nunchaku usando due bastoni del legno della scopa”, per poi osservarlo ritagliare “immagini dei maestri di arti marziali” e incollarle nel suo quaderno. E quando il “il gancio corto” di Addis andrà a bersaglio, vedrete le stelle anche voi, perché è lì che ha luogo l’incanto: non palpiterete per lui. Palpiterete CON lui. Il narratore stuzzicherà in voi l’appetito del bambino che, quando avvinto dal racconto, incalza con una raffica di “e poi? ….e poi? …e poi?” Ogni capitolo, ogni aneddoto spinge il lettore a chiederne ancora, a volerne di più, a sbirciare un po’ oltre, impaziente di sapere cosa lo aspetti appena girato il prossimo angolo, e questo è possibile quando la parola si traduce in immagine. Allora Osman vi apparirà in tutta la sua stravaganza. Ciondolerete da un capo all’altro del mondo: dalla vicina Santa Marinella, dove finisce “il quinto round in attacco seppur senza più fiato in corpo”, al Cile quando il brusio si spegne “in un silenzio tombale e riverente”, o a Londra, durante la finale contro Stojanovich. E quando sentirete nitido il commentatore annunciare : ”The winner is… PERRECA” le lacrime solcheranno anche le vostre guance. “Avrei voluto fermare il tempo e non scendere mai più da quel ring”, e in effetti è proprio così che è andata. Perché, per quanto lui si dica consapevole “di aver finalmente completato l’opera”, di fatto Il Maestro Perreca è ancora lì, sul ring, al Trullo, fra i suoi allievi, a tessere successi, a plasmare potenziali campioni e a forgiare uomini e con queste 245 pagine di cronaca, salpa le ancore. Salpa le ancore del luogo e del tempo perché le sue emozioni si conservino intatte, perché le sue mille battaglie rivivano. Giorgio ci consegna il suo esempio. Nel 2012 per me era un “esaminatore”. A lungo ho sospettato vi fosse ben altro. Adesso mi pare chiaro non sia “ben altro”, ma “ben oltre”. Grazie, Maestro.

Gaia [09/09/2021]

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